Animali da carne in Sardegna, oltre suini, ovini e bovini una tradizione antica

La razza suina sarda è riconosciuta come autoctona italiana dal 2006 (assieme a Cinta Senese, Mora Romagnola, Nero Siciliano, Casertana e Calabrese) e caratterizza la cultura e gli allevamenti suini della Sardegna sin dalle antichità.

Il suo aspetto ricorda molto quello del cinghiale, con cui non manca di accoppiarsi saltuariamente, è caratterizzato da taglia piccola e scheletro solido, con mantello nero, grigio o pezzato. Le setole sono numerose e lunghe, talvolta presenti in quantità sulla coda e sempre in corrispondenza della spina dorsale, tese a formare una sorta di criniera. La sua crescita è lenta, se paragonata a quella di un comune “maiale commerciale” (circa 1/3 della velocità), le sue carni sono sapide e compatte.

Viene allevato prevalentemente allo stato brado e semibrado (ma dopo il diffondersi del rischio della peste suina sono incrementate le strutture al coperto) nelle zone montuose: in pianura e bassa collina la razza suina autoctona è stata spesso sostituita da incroci, anche perché creduti più produttivi.

Gli allevatori di Villacidio possono essere considerati i decani dell’allevamento di questa razza suina e l’area del Medio Campidano risulta, con 500 capi registrati anagraficamente, la più interessata alle produzioni autoctone. Presente inoltre nei rilievi del Nuorese e dell’Ogliastra, nel Sassarese e nel Sarrobus-Gerrei.

Un pregiudizio atavico vede la razza sarda come poco produttiva o non adatta al mercato della carne e dei salumi perché eccessivamente grassa, tuttavia recenti progetti della Regione Sardegna hanno dimostrato come le aziende che favoriscono le lavorazioni di qualità con specifica connotazione territoriale aumentino i propri ricavi.

Il Consorzio Produzione Suino di Razza Sarda conta ad oggi su circa 20 aderenti, che operano per la sua valorizzazione, con il fine di creare una filiera interna all’isola che confluisca nella lavorazione e commercializzazione di prodotti tipici come la salsiccia a forma di anello (Sartizza a Loriga) o il prosciutto di spalla con guanciale (appannaggio ormai di poche famiglie).

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