Carne pollame Sardegna, alla ricerca del tempo andato
Il mondo della carne e del pollame in Sardegna sta vivendo la riscoperta delle proprie radici. Lo testimonia, ad esempio, la Fiera di Arborea del 2010, dove più di 300 galline per 40 razze differenti hanno mostrato le peculiarità della filiera avicola (escludendo però il pollame da carne).
La regione stessa mira a creare condizioni sempre migliori di salute per ogni animale, varando progetti come il “Piano regionale per il benessere e protezione degli animali da reddito” del 2012 (tra cui il pollame da carne). Gli esemplari presenti sul territorio sono 1.852.535 (dati Istat 2007), distribuiti in 1838 strutture (800 meno che nel 2003). Allo stesso modo che in altri settori della carne, in Sardegna resiste chi investe e allarga i confini della propria azienda, anche per quanto riguarda la carne di pollame.
Gli allevamenti di polli da carne censiti nel 2016 sono circa 140, di cui sedici superano i 5000 capi (gli stessi che possono beneficiare dei contributi sugli investimenti per le aziende avicole di carne, stanziati per adeguamento locali e spazi esterni).
Tuttavia non è possibile ad oggi rintracciare un solo esemplare di quella che viene chiamata “razza Sarda”, considerata estinta. Sappiamo qui nel 1700 vi erano molti fenotipi, allevati a livello familiare, con alimentazione povera e riparo nei fienili o nei depositi degli attrezzi. Una tipologia spiccava in particolare, apparentemente iscrivibile al gruppo delle giganti, presente a Sanluri secondo Cetti (“Gli uccelli di Sardegna” 1776). Porru nel 1832 cita le specie più diffuse e le chiama con gli appellativi dialettali: arrufada (ricciuta), cucuruciana (col ciuffo) e nanita (nana).