Carne ovina in Lombardia, memoria della transumanza italiana, per vocazione
La carne ovina in Lombardia costituisce una realtà tradizionale ben consolidata, tanto da farne l’area transumante italiana per definizione. Secondo i dati del 2010 Istat sarebbero 105.759 i capi allevati in 1659 aziende, di cui i due terzi (60mila animali) sono da attribuire a 60 greggi praticanti la “pastorizia vagante”, fenomeno ancora molto diffuso e radicato, specie nelle aree di montagna.
L’allevamento ovino lombardo è caratterizzato, a differenza di buona parte della penisola, dalla sua attitudine alla produzione di carne. Italiana ed autoctona è proprio per questo la razza onnipresente sul suolo regionale (costituente circa l’80% degli esemplari): la Bergamasca, presente in Lombardia fin dal Medioevo, originaria dell’Altopiano di Clusone. Si tratta della razza di pecora più grande al mondo ed anche di una tra le più rustiche, capace di adattarsi a qualsiasi tipologia di pascolo.
Sono presenti con numeri non trascurabili anche altre due razze autoctone: la Brianzola, quasi estinta negli anni passati ed oggi oggetto di salvaguardia della Comunità montana del Lario Orientale, e la Pecora di Corteno, anch’essa esaltata ed allevata per la propria carne. Diffusa tra Valtellina e Valcamonica e caratterizzata da orecchie pendenti, è legata a un piatto tipico, il “Cuz”, ovvero carne di castrato cotta nel suo stesso grasso (pietanza originata probabilmente dai metodi di conservazione della carne dai pastori durante l’inverno).
Gli allevamenti stanziali sono un terzo del volume totale della popolazione ovina con relativamente pochi esempi estensivi. La regione pone molta attenzione al comparto, non solo per la profonda conoscenza della tradizione della carne ovina in Lombardia, ma soprattutto riconoscendo il ruolo di tutela del territorio rivestito dalle greggi. Latte e latticini di derivazione ovina sono fenomeni poco diffusi e portati avanti con rari nuclei di pecore Sarde.